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396 lirici marinisti

dal figlio il genitore,
dal genitore il figlio;
e da la casta moglie
s’oblia l’ardor pudico
verso il caro marito,
parte giá di se stessa.
Solo spavento, invece
de’ giá sí dolci affetti
di caritá, d’amore,
entro le menti sbigottite alberga.
     Son muti i fòri e sono
l’officine ozïose,
ogn’arte abbandonata;
la mèsse giá matura
entro i campi negletti
l’agricoltore oblia;
e sui tralci pendenti
del dolce ismenio nume
lascia invecchiare inutilmente i doni;
lascia senza custode
andar la greggia errando,
inerme preda ai fieri lupi ingordi.
Di ragunar tesori
la sollecita cura
oblia l’avaro; e l’iracondo oblia
gli antichi sdegni, e degli amati lumi
non apprezza il lascivo i dolci sguardi,
rivolgendo i sospiri a miglior uso.
     Per le vie giá frequenti e per le piazze
giá strepitose alto silenzio intorno
e strana solitudine s’ammira,
se non se ’n quanto ad or ad or si scorge
senza pompa funèbre
portarsi in lunghe schiere
a sepellir gli estinti.
Sceglie le tombe il caso, onde ciascuno