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34 | lirici marinisti |
II
IL RITORNO DELLA PRIMAVERA
Questi fior, queste erbette e queste fronde,
di novella stagion pompa superba,
e questi, che serpeggiano tra l’erba,
o liquidi cristalli o lucid’onde;
pria che d’aspre catene e di profonde
piaghe pena sentissi ardente acerba,
che né state né verno or disacerba,
trovai sovente a’ miei desir seconde.
Ma poscia che cangiar m’ha fatto amore,
che mi lega il voler e ’l cor mi sface,
libertate in prigion, gioia in ardore,
fuggo frond’erba fiore onda fugace,
e bramo sempre un tempestoso orrore,
ché, quando orrido è il mondo, allor mi piace.
III
LA SOLFATARA DI POZZUOLI
Nuda erma valle, ai cui taciti orrori
accrescon tema ombre solinghe oscure;
sulfuree rupi, acque bollenti impure,
sanguigni fumi e tenebrosi ardori;
voi, ch’in parte apprendeste i miei dolori
dagli accesi sospiri, e l’aspre cure
dal largo pianto che disfar le dure
selci poté co’ suoi continui umori;
ditemi pur se nel penace seno
del vostro cieco, afflitto, orrido regno,
ove ’l pianger non ha conforto o freno,
venne uom giamai d’in voi penar sí degno
e di tanti martir l’alma ripieno,
che d’un sol de’ miei strazi ei giunga al segno!