Pagina:AA. VV. - Lirici marinisti.djvu/390

384 lirici marinisti

di dove poi prendendo
a tergo il Sol nascente
si scorse lungo la Cilizia e lungo
la Panfilia vicina;
e poi di Licia e poi di Caria i lidi
si costeggiar. Quivi si prese un legno
degl’infidi nemici,
di ricche merci onusto;
ed altri due pur dianzi,
vinti sol dal timore,
fatti eran nostra preda.
Quivi deserto un porto,
il quale un dí n’accolse,
alla vista n’offerse
d’Alicarnasso le ruine sparte,
e de la vasta mole
onde Artemisia volle
del marito onorar le nobil ossa.
Sono i marmi piú fini
troppo fragili basi
in cui si stabilisca il fasto umano:
quella superba machina, che valse
stancar cinque scarpelli
di Grecia i piú famosi,
or giace sí, ch’a pena
può dirsi: — Ella fu quivi; —
ché tra l’arena e l’erba
è lo stesso sepolcro ancor sepolto.
     Poscia Rodi si vide,
che giá fu nostra sede; or vi s’annida
il nemico ottomano,
non so con qual maggiore
scorno, o di noi ch’alla fatale e dura
necessitá cedemmo,
o pur di chi potea, di chi doveva
darci soccorso, e da sicura parte