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374 | lirici marinisti |
XXII
IN MORTE DI GUSTAVO ADOLFO
Qual da turbato ciel fulminea face,
cui da gelido sen nube disserra,
scende tonante a spaventar la terra,
e dopo il colpo incenerita tace;
tal dal freddo aquilon lo Sveco audace
vien ruïnoso fulmine di guerra,
che le moli superbe orrendo atterra,
poi tra l’alte ruine estinto giace.
Dubbie ancor le vestigie avvien che stampi
l’austriaca speme a tal cader risorta,
stordita ai tuoni, abbarbagliata ai lampi.
Pugnan feroci, intanto, e non riporta
la vittoria nessun de’ duo gran campi,
ché con Adolfo la vittoria è morta.
XXIII
CRISTINA DI SVEZIA IN ROMA
Del baltico Nettun l’algenti arene
lasciando e gli astri ad Anfitrite ignoti,
per sentier troppo, o Roma, un tempo noti,
l’artica regnatrice a te sen viene.
Colma di sant’amor, di santa speme,
quasi l’irriverenti orme de’ goti
venga per cancellar co’ piè divoti,
dell’avito furor nulla ritiene.
E se ben lungi da nemico orgoglio
con umiltá pacifica s’inchina
del successor di Pietro al sacro soglio;
pur, facendo de’ cor nobil rapina,
di Roma soggiogata in Campidoglio
trïonferá la gotica reina.