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XIV

ALL’AMICO CHE HA PRESO MOGLIE

     Per secondar le sconsigliate voglie,
sei d’Imeneo fra i prigionieri accolto;
quella promessa hai proferito, o stolto,
che la sí dolce libertá ti toglie.
     Laccio, che fuor che morte altri non scioglie,
t’hai da te stesso intorno al collo avvolto;
tu te medesmo a te medesmo hai tolto;
Lidio, non sei piú tuo, sei della moglie.
     Ore non piú sperar tranquille e liete,
cure noiose ingombreranti il petto,
e piú moleste allor che piú secrete.
     Sei sposo, addio riposo: entro un sol tetto
non soglion albergar moglie e quïete,
né si divide senza lite il letto.

XV

AL PROPRIO LETTO

     Mio notturno sepolcro, ove doglioso
ad ogni moto sol la morte imparo,
pien di cure dïurne in pianto amaro
nella mia requie inrequieto io poso;
     chiuder luci sicure in te non oso,
mentre agli affanni miei cerco riparo;
so che del tempo un sol momento avaro
ivi dè’ alfin rapire il mio riposo.
     Questi alzati sostegni alzan ruine;
queste piume ch’io premo, ancor che morte,
fabrican ale al volator mio fine.
     Tu, funesto feretro, al suol mi porte;
in te, nido vitale, io so che alfine
con assiduo calor covo la morte.