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368 lirici marinisti

X

LA PENITENTE

     Sotto il cener del manto il foco ascoso
porta costei, ch’in umiltá risplende;
con la pietá del cor fa il ciel pietoso
e col cielo del volto i cori accende.
     Per posar nel suo Dio non ha riposo,
e per difender l’alma il corpo offende;
e se del crin straccia il tesoro ondoso,
con le perle degli occhi adorno il rende.
     Quindi, mentr’ella piange il proprio errore,
adorar mi costringe il volto amato
e mi fa reo di profanato amore.
     Deh, come potrá il Ciel render placato,
se fra i cilici ancor m’infiamma il core,
e la sua penitenza è il mio peccato?

XI

LA DIPANATRICE

     Un girevole ordigno oggi volgea
Filli, di bianco stame intorno avvolto,
che d’ampio cerchio in picciol globo accolto,
quanto scemava l’un, l’altro crescea.
     Quella la rota d’Issïon credea
il mio cor, ch’in que’ giri era rivolto;
se ben colei che l’aggirava, al volto
piú ch’una furia un angelo parea.
     Lo stame quello fu de la mia vita,
ch’io vedea con piacevoli martíri
passar di bella parca in fra le dita.
     E se pria dilatossi in ampi giri,
or la raccoglie in uno, e vuol ch’unita
solo nel suo bel volto e viva e spiri.