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366 | lirici marinisti |
VI
SOPRAVVIVENZA DELL’AMORE ALLA BELLEZZA
Languidi raggi e scoloriti fiori
entro ’l bel volto tuo scorgo, Nicea;
e pur quivi il mio sen, come solea,
s’arricchisce di gioie e di dolori.
Sfavilla ancor per entro ai tuoi pallori
quel non so che, quel che mi strugge e bea;
piú vago un tempo il tuo bel ciglio ardea,
ma non vibrava giá piú gravi ardori.
Sempre per me tu sarai bella, ed io
sempre amante per te: non è mortale,
non ha mortale oggetto il mio desio.
Indarno il tempo s’arma, indarno assale
la tua beltá con gli anni e ’l foco mio,
ché non soggiace a lui cosa immortale.
VII
SULLO STESSO ARGOMENTO
Veggio, veggio, Nicea, le tue vezzose
guance oblïar le porpore native,
ché, quasi timidette e fuggitive,
vansi tra i gigli ad occultar le rose.
Le nevi, ove le fiamme Amor nascose,
son de la lor vaghezza in parte prive,
e con languidi raggi e semivive
faville ardon le tue luci amorose.
Scema in te la bellezza, e forse ancora
di par negli altrui cor manca il desio,
mentre manca quel bel che gl’innamora.
Ma non scema però l’affetto mio,
ch’oggetto fral non ama e solo adora
un raggio in te de la beltá di Dio.