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scipione caetano | 31 |
IV
LA VECCHIA AMBASCIATRICE
Alor che immerso in tenebrosi errori
aspetto un Sol via piú del sole adorno,
veggio apparir la vecchia nunzia e intorno
seccarsi i prati e raddoppiar gli orrori.
Ma poi che cinta di piú bei splendori
fa la luce ch’io bramo a me ritorno,
porge luce a quest’alma e luce al giorno
e raddoppia a la terra erbette e fiori.
Quella fra noi, quasi novella Aletto,
ciò che mira avelena; e questa indora
tutto quel ch’è de’ suoi begli occhi oggetto.
Quella spoglia il terren, questa l’infiora;
com’esser può che sia guidato e retto
cosí bel Sol da cosí brutta Aurora?
V
LA CASA DELLA DONNA AMATA
Corinna, alor che il rimirarvi è tolto
agli occhi, che non hanno altro diletto,
le mura io miro in vece de l’aspetto,
ed — Ivi è — dico — ogni mio ben raccolto! —
E qual si vede entro a cristallo accolto,
rinchiuso sí, ma non celato oggetto,
cosí scorge il pensiero e l’intelletto,
ben che cinto da mura, il vostro volto.
Sí che sète, qualor voi v’ascondete,
dal corpo sí, ma non da l’alma assente;
perché a quella celar non vi potete.
Ché ’l pensier vi figura a la mia mente,
quasi industre pittore, e sempre sète,
benché lunge dagli occhi, al cor presente.