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antonio muscettola | 359 |
XIII
I TUMULTI DI NAPOLI
sedati da don Giovanni d’Austria
A Francesco Dentice
D’angui crinita dal tartareo tetto,
spargendo ira e furor, sorse Megera,
e la facella sua squallida e nera
l’orbe tutto infiammò, rotando, Aletto.
Del dio bifronte a disserrar le porte
i fulmini avventò nume sanguigno,
ed al fragor di strepitoso ordigno
in sul Sebeto s’aggirò la morte:
E quai sul lido suo vide il Tirreno
di barbaro furore empi vestigi,
mentre percossa il cor da’ numi stigi
sdegnò plebe infedel l’austriaco freno!
In dispietati incendi arder fûr visti
d’illustri fabri gl’immortai lavori;
fûr le sete, le gemme e gli ostri e gli ori
di fiamme ingiuste momentanei acquisti.
A le vite piú auguste i degni stami
troncò il furor de le masnade ultrici;
lungi da’ busti lor teschi infelici
fêr diadema funesto a’ tetti infami.
A fulminar le ribellanti mura
mille e piú si drizzâr bronzi tonanti;
cadder tocchi dal ferro i sassi infranti,
cadaveri in un punto e sepoltura.
Dal patrizio valor mirò la plebe
innestarsi a le palme atri cipressi;
da nobil ferro i sollevati oppressi
col lor vil sangue imporporâr le glebe.