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352 | lirici marinisti |
II
IL NASTRO VERDE
A biondo crin, che scarmigliato e vago
i campi di un bel sen scorrea fastoso,
forma con verde nastro un fren vezzoso
la bianca man per cui languir m’appago.
Per oggetto mirar sí dolce e vago
drizza l’anima mia l’occhio bramoso,
e parle vagheggiar lieto e pomposo
tra verdi sponde imprigionato un Tago.
Poscia tra sé ragiona: — Ah, perchè abbonde
di tempeste la speme onde son viva,
in quel verde color l’unisce a l’onde! —
— No, no — risponde Amor; — s’egra languiva
la tua speranza, de le chiome bionde
con gli aurei flutti il suo bel verde avviva. —
III
INVIANDO LA «GERUSALEMME»
Queste a cui chiaro stil mille comparte
di bellicosi eroi scempi e furori,
or che parto a te dono, o bella Clori,
pegno dell’amor mio, famose carte.
Tu, leggendo le note a parte a parte,
scorgi ne l’altrui morti i miei dolori;
d’accesa torre negl’immensi ardori
l’incendio del mio cor ravvisa in parte.
Il mio petto, di mostri infausta sede
nel bosco immondo, e ’l mio sperar, estinto
negl’incanti svaniti, ivi si vede.
Ne le stille del sangue al fin dipinto
rimira il pianto mio; si fará fede
liberata cittá di core avvinto.