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344 | lirici marinisti |
VIII
LA LUNA ED ENDIMIONE
Era la notte e ’n florida collina
gli occhi avea dati al sonno Endimïone;
lo scorge dalla splendida magione
degli astri la bellissima regina.
Sente farsi nel sen dolce rapina,
condursi l’alma in placida prigione;
cruda non piú, qual videla Atteone,
al faretrato nume, ecco, s’inchina.
Stima il passato secolo funesto,
e cercando goder tempo migliore,
in Latmo di calar non l’è molesto.
Molle giá fatto l’indurito core,
formando amplessi al giovane giá desto,
suo gel natio trasforma in foco Amore.
IX
LA GALEA
Mole rostrata che, raccolti insieme
i boschi d’Appennin, l’Egeo trascorri,
disprezzi il suo fragor quando piú freme,
s’a’ Palinuri tuoi scossa ricorri;
al fianco hai l’ali, al dorso alzi le torri,
di cui presso e lontan guerra si teme;
ne’ gran perigli i popoli soccorri,
unisci i mari e le province estreme.
Fórmanti crin le tremole bandiere;
ti son i gonfi lin spoglie nevose
ed occhi l’ardentissime lumiere.
A gara nel tuo sen Marte nascose,
pronte a le stragi, le falangi intere,
ed i fulmini suoi Giove ripose.