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vincenzo zito 343

VI

L’AMORE ARDENTE

Imitazione da Ausonio

     Bramo da lei, cui riverisco amante,
qual edera strettissimi gli amplessi,
i baci a mille, incatenati e spessi,
vezzo ridente e riso vezzeggiante.
     Se m’ingiuria sdegnosa e minacciante,
reintegrino amor gli sdegni stessi,
e d’ira e di pietá scopra gli eccessi,
e s’infuri e si plachi in un istante.
     Pudicizia in disparte! Accenda ogn’atto,
se raffreddo il desio, tutta focosa,
e povero mi renda e sodisfatto.
     Ché ’l vederla in contegno e schizzinosa,
gelo al mio foco e selce al molle tatto,
son diletti freddissimi di sposa.

VII

LA SETE NELLE CAMPAGNE DEL VESUVIO

     Stanco da lunghi errori, ahi, mi trov’io
fra sentieri dubbiosi a Vesbio a fronte;
e mentre bolle la campagna e ’l monte,
arida sete offende il petto mio.
     Deh, chi m’insegna ove zampilla il rio?
deh, chi m’addita ove gorgoglia il fonte,
che spegnesse, immergendovi la fronte,
l’assetato ardentissimo desio?
     Mal soffrirebbe ardor sí crudo e fèro,
onde sento mancarmi a poco a poco,
l’adusto tingitan, l’etiopo nero.
     Chi mi condusse in tal penoso loco?
Dell’inferno non ha strazio piú vero,
ch’esser senz’acqua ove piú brucia il foco.