Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
paolo zazzaroni | 323 |
II
IL NEO
Per accrescer di fregi opra maggiore
ornò di neo brunetto Amor quel viso,
ché qual pittor industre ebbe in aviso
di spiccar con quell’ombra il bel candore.
Sotto la guancia ove rosseggia il fiore,
vezzoso splende in compagnia del riso;
atomo sembra in quel sembiante assiso
per far centro di gloria al dio d’amore.
Sorse in quel cielo e seco alba gemella
in due luci spuntò, quand’ei defunto
al doppio Sol languia picciola stella.
Da quel loco però non fu disgiunto;
ch’Amore, in terminar faccia sí bella,
lasciò de l’opra al fin quel neo per punto.
III
EPITAFFIO DI UNA PULCE
Spirto guerriero io fui mentre il ciel volse;
a l’ultimo destin l’ora fatale
mi richiamò; qui poi tutto il mio frale
amica mano in breve fossa accolse.
Gran colpo fe’ chi l’anima mi tolse,
ch’atomo aver credea sorte immortale;
ma l’arciera crudel col giusto strale
in sí picciolo punto anco mi colse.
Qual fosse il mio valor, la fama il dice;
lo sanno i petti vostri, o donne, ch’io,
dove non punse Amor, mòrsi felice.
Appresso i miei trofei sepolcro pio
avrei di Clori in sen, ma non mi lice
la tomba aver sul Campidoglio mio.