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292 | lirici marinisti |
XVI
L’AVARIZIA PUNITA
A istanza di Ferrante Porta Puglia
O de le umane brame
la piú cieca e piú ria, brama de l’oro,
sacra, esecrabil fame,
che un fango vile usi chiamar tesoro;
che non fai? che non puoi?
qual non cede uman petto agli urti tuoi?
La vergine Atalanta,
non men ch’agil di piè, stabil di voglia,
di libertá si vanta,
ma un pomo d’òr di libertá la spoglia;
avida d’aureo nembo,
porge la bella Danae a Giove il grembo.
Per mercé d’auree armille
Tarpeia offre a’ sabini il gran Tarpeo,
e con mill’arti e mille
scossa da Brenno invano, al fin cadeo
per la mercede istessa
da l’òr piú che da l’armi Efeso oppressa.
Né sol cura sí vile
molle femineo seno abbatte e atterra,
ma con palma virile
vince i togati in pace, i duci in guerra,
e quasi dir potrei
che sforzano anco i doni uomini e dèi.
Ove l’òr folgoreggia,
ogni altro lume, ogni fulgor s’oscura;
virtú piú non lampeggia,
non piú splendor di nobiltá si cura.
Ben l’etá d’oro è questa,
se in pregio altro che l’oro oggi non resta.