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bernardo morando 289

X

ALLA CANTATRICE ANNA RENZIA, ROMANA

     Vaga ninfa del Tebro, a cui concessa
è de’ teatri oggi la palma e il vanto,
che a la vaghezza, agli atti, al riso, al canto
sí eccedi altrui, ch’hai giá l’invidia oppressa;
     perché l’alma mi togli? omai, deh, cessa;
ferma la voce armonïosa alquanto,
ché di dolcezze in mar sí vario e tanto
l’anima fuor di sé perde se stessa.
     Anzi, pur segui, o bella, i cari accenti,
ché se per te da l’alma io son diviso,
per te m’unisco a le beate menti.
     In estasi elevato io giá ravviso
l’angelica armonia ne’ tuoi concenti,
la celeste beltá nel tuo bel viso.

XI

INVITO ALLA POESIA NELL’INIZIO DELL’ESTATE

     Su la cetra del ciel poeta il sole
muove giá de’ suoi raggi il plettro ardente,
e de le sfere al suon con piè lucente
guidan stelle brillanti alte carole.
     Mille nel regno suo musiche gole
apre Giuno a cantar soavemente,
e fin l’arsa cicada il suon stridente
spiega in vece di canti e di parole.
     A lieti versi in dolce mormorio,
tra dipinte pietrucce e bianchi marmi,
la voce di cristallo apre ogni rio.
     Chi fia dunque di noi che piú risparmi,
amici, il canto ad incantar l’oblio,
se il tutto in terra e in ciel c’invita ai carmi?