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272 | lirici marinisti |
VI
IL PENSIERO AMOROSO
Oh quanto a te degg’io,
pensier, compagno errante
d’amor, cervier de l’alma, Argo del core!
Tu fuor del petto mio,
spiritello volante,
per dar riposo al cor t’alzi a tutt’ore;
per te dolce l’ardore,
il languir m’è soave,
il penar non m’è grave,
ed oblïando il mio dolore immenso,
spensierato son io sol quando penso.
Tu, corrier pronto e desto,
ver’ madonna ten voli,
e piú la giungi allor ch’è piú fugace;
indi veloce e presto
ten riedi e mi consoli
con risposta gentil, muto loquace:
— Soffri — dicendo — in pace;
ché s’or languisci ardendo,
tosto arderai gioiendo,
e ricco mietitor, nocchiero accorto,
corrai la mèsse e giungerai nel porto. —
Tu, nuovo e strano Apelle
per me ti fai sovente,
sol per mostrarmi il mio bel sole espresso,
e con tempre sí belle,
con color sí lucente,
fingendo il vai, che ’l simolacro spesso
s’agguaglia al vero stesso;
anzi pingerlo sai
e colori non hai
e pennel non adopri, e mentre fingi,
pittore e non pittor, pingi e non pingi.