Pagina:AA. VV. - Lirici marinisti.djvu/263


girolamo fontanella 257

     Ma stiasi pur nel suo parer fallace
la sciocca plebe a vil guadagno intesa,
ch’in sí povero stato avendo io pace,
lasciar non vo’ l’incominciata impresa.
     Benché frutti non abbia il sacro monte
e miniere produr non sappia d’auro,
benché poveri umor stilli il suo fonte,
in sí povero umor prendo ristauro.
     Piú mi giova raccòr sterile alloro
tra i silenzi di Pindo alti e divini,
che tra i fremiti rei del rauco fòro
di fruttifera palma ornarmi i crini.
     M’è piú grato fra cigni essere accolto,
lunge avendo da me discordie e liti,
che di garrulo stuol, fallace e stolto,
i vani applausi e i popolari inviti.
     Leggi e riti d’Astrea né do né prendo,
nel causidico fòro amati tanto;
reggo me stesso, e quelle norme apprendo,
che fan puro lo stil, perfetto il canto.

XXXIV

LA MORTE DI MARIANNA

     Poiché in cima riposto al regio onore,
quando Erode credea perdere il regno,
vide l’imperio suo crescer maggiore;
     pensando aver col temerario ingegno
vinto l’insuperabile destino,
piú non temea del ciel castigo o sdegno.
     Vedeasi tributario il palestino,
innanzi ai piedi suoi servo il giudeo,
e vòlto a suo favor l’eroe latino.