Deh, tornate a la luce, al mondo, voi,
Mecenati famosi, eccelsi Augusti,
ch’i poetici ingegni e i sacri eroi
accoglieste a tutt’or pietosi e giusti.
Oggi al mondo non è chi largo e pio
amico venga a sollevar le muse;
per cibo un lauro e per bevanda un rio
hanno, in cima ad un colle accolte e chiuse.
Piú d’un nobile ingegno e piú d’un vate
sotto scarso destin perir si vede;
ma colpa sol de la moderna etate,
che nega avara a la virtú mercede.
Tesse eroico scrittor bellici vanti,
con la penna intrecciando almi episodi;
ma dai versi non prende altro che vanti
e per lodi non coglie altro che lodi.
Sparge in mezzo a le corti un’aurea vena
di faconda armonia, ch’in versi scioglie;
ma da mano real cortese e piena,
vena prodiga d’òr giamai non coglie.
Stima il garrulo vulgo un che togato
giudica ne le rote i dritti e i torti;
un ch’ha la lite e la discordia a lato,
cicalator, mormorator di corti;
un che d’Astrea torcendo i puri sensi,
la nuda veritá veste di frode;
corvo inuman, ch’ove a litigio viensi
de l’altrui mal come suo ben si gode.
E chi d’Apollo imitator ne l’arte
ai bianchi cigni è in puritá simile,
chi spira amor da le sue belle carte,
come inutile e vano ei prende a vile.
Oh di secolo pravo insania folle,
che l’umano giudizio ombra ed appanna!
Parolette e menzogne il mondo estolle,
e i poetici studi a terra danna.