Cinto colá da montanaro stuolo,
fatto l’arcade re giudice al canto,
dal commune parer discorde ei solo
il castalio signor pospose al vanto.
Di ciò sdegnato il sagittario biondo,
ch’è de la lira armonïoso arciero,
per castigar tanta follia nel mondo,
rese a Mida l’orecchio ispido e nero.
Ma per coprir l’ingiurïoso scorno,
che deforme rendea la regia testa,
la corona adoprò ch’intorno intorno
di scoltura gemmata era contesta.
Con esempio sí bello attica musa
sotto favola finta il ver ragiona:
che spesso mente torbida e confusa
va sotto ricca imperïal corona.
Chiude orecchio di Mida in aurea fascia
ricco signor, che vanitá gradisce;
perir gl’ingegni amaramente lascia,
le muse sprezza e le virtú bandisce.
Negletti in corte, i peregrini cigni
agiato nido al poetar non hanno;
sotto fèro tenor d’astri maligni
d’una in altra cittá dispersi vanno.
Non è chi merchi i lor soavi accenti,
sol per desio d’immortalarsi almeno;
per inchiostri non cambia ori ed argenti,
cosí bollente ha d’avarizia il seno.
Va ne le reggie a celebrar talora
gli eroici vanti un peregrino ingegno;
ei mal gradito e mal veduto ancora,
premio non trova al suo gran merto degno.
Contro irata fortuna ei per riparo
una povera lira in man si prende;
un frutto coglie in guiderdone amaro,
ch’inasprisce la lingua e ’l gusto offende.