Ivi, limpido e bello,
colorando i bei campi
con argenteo pennello,
mille forme di fior dipingi e stampi
e, gorgogliando entro marmoree conche,
par che mostri parlar, ma in voci tronche.
Passi tacito poi
a le mura beate
ove, seggio d’eroi,
la Sirena inalzò l’alma cittate,
ed in mezzo le vie piú illustri e conte
per diletto d’altrui fai piú d’un fonte.
Giungi al tetto onorato
del mio caro Nardillo,
e da piombo forato,
prigioniero vagante, esci tranquillo,
e con tremola fuga e dolce suono
fai di specchi cadenti un regio trono.
Qui, tra marmi spiranti
ch’han silenzio facondo,
versi piogge stillanti,
d’argentato licor Giove fecondo,
e di ricco tesor largo e ripieno
mille pesci guizzar ti vedi in seno.
Qui con tremole ampolle
par che placido balli
fuor d’un picciolo colle,
che con arte s’incurva entro due valli,
ed in ruvida sí ma vaga cote
formi in dolce cader lubriche rote.
Qui son musiche corde
le tue linfe cadenti,
onde lieto e concorde
traggi roca armonia di bassi accenti,
che lusinga l’udito e fa che l’alma
de le cure maggior sgravi la salma.