Su la rosa gentile,
ch’animata di fuor le ride in bocca,
il bell’ago sottile
pensosetta talor leggiadra incocca,
ed in quell’atto insidïosa e vaga,
sagittaria d’amor, gli animi impiaga.
Talor col puro dente,
per aggiungere un fil, l’altro recide,
e qual parca innocente
lo stame ancor de la mia vita incide,
e con alterni ed ordinati modi
mi stringe il cor fra quei minuti nodi.
Palla forse è costei,
ch’agli atti, a l’arti, a le maniere, al volto
ben somiglia colei,
ch’in bellezza e valor senno ha raccolto,
e qual donna immortal dal ciel venuta,
mostra in giovine etá mente canuta;
o la tenera Flora
su le tele a provar viene i suoi pregi,
che ricamando infiora
con groppi d’òr, con ingemmati fregi
e, di se stessa imitatrice, gode
schernire altrui con ingegnosa frode;
o, novella angioletta,
per dimostrar quegli artefici aurati
ha con industria eletta
i ricami del ciel qua giú traslati;
poi ch’a far sí bell’opre, ad altri ignote,
chi celeste non è, giunger non pote.