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girolamo fontanella | 223 |
IV
INVIANDO UN PAPPAGALLO
Questo de l’indo ciel pomposo augello,
peregrino volante, alato mostro,
che discepolo apprese, accorto e bello,
distinto il suon de l’idïoma nostro;
mira com’ha leggiadro il curvo rostro,
come liscia la piuma e terso il vello;
ha manto di smeraldo e bocca d’ostro,
che ridice talor quanto io favello.
In cosí vaga prigionia raccolto,
miralo com’è vago e come arguto,
come a la tua beltá si sta rivolto.
Ma temo, oimè, ch’in tuo poter venuto,
stupido a lo splendor del tuo bel volto,
ove garrulo fu, non torni muto.
V
IL SALASSO
Prese medica man serico laccio,
ove inferma languia la bella Irena,
e quel molle annodò candido braccio,
che nel regno d’Amor l’alme incatena.
Per toglier de la febre il grave impaccio,
destro ferío la delicata vena,
che, da ferro sottil percossa a pena,
il rubino spiccò dal vivo ghiaccio.
Al zampillar di quel sorgente rivo
mancò la bella, e dolce, a poco a poco,
tinse un bianco pallor l’ostro nativo.
Ratto l’anima mia corse in quel loco,
per tòr la sete in quel zampillo vivo;
ma l’onda ritrovò ch’era di foco.