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196 | lirici marinisti |
II
ALL’ANCELLA
Docile ancella, che mia fé verace
animasti di speme e di consiglio,
e del linguaggio onde parlommi un ciglio
fosti interprete pia, cifra sagace;
or che colei de l’invecchiata face
spense ogn’ardore e al mio peggior periglio
diede a’ suoi sguardi dal mio cor l’essiglio
per non mirarmi in sen piaga vorace;
dille ch’eterno stral non sazia un core,
che se medico sdegno il sen mi tange,
d’un’ingrata beltá rido al rigore.
L’Astrea di Cipro a un cor che avvinto piange,
se fu innocente, in criminal d’Amore,
apre alfin la prigione e i ceppi frange.