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tommaso stigliani | 13 |
XIV
IL CHIARIMENTO ALL’AMATA
— Giá cessa il metitor col torto ferro
di còrre i frutti del sepolto seme,
e sotto l’ombra del fronzuto cerro
sta ’l gregge insieme.
Fugge ogni fera gl’infiammati lampi,
che ’l sole avventa dall’ardente faccia;
né alma v’è che per gli aperti campi
dimora faccia.
O bionda piú della matura spica,
ma piú crudel della pungente arista,
che qualor vai nella fontana aprica
traggi ogni vista;
per non venirne all’ombra ove son io,
perché or dal camino arder ti fai?
infino a quando questo sdegno rio
meco terrai?
Dunque, t’han le bugiarde altrui parole
potuta trarre a prestar fé compita,
ch’io ami altra che te, mio caro sole,
mio ben, mia vita?
Spògliati, semplicetta, i rei pensieri,
ch’io non seguo Licori, ancora ch’ella
séguiti me, né le mandai l’altrieri
la bianca agnella.
Bench’egli è vero (acciocché chiaro appaia
che falsata han l’istoria a te costoro)
che fu ella ch’a me mandò dall’aia
un pomo d’oro;
su ’l quale era con lettera cavata
scritta questa sentenza in corti accenti:
«Giace per te Licori, empio, infermata,
e tu ’l consenti».