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174 lirici marinisti

II

IL GIORNO DEI MORTI

     Queste pompe di morte e questi odori
d’arabi incensi e queste accese faci
memorie son de’ nostri dí fugaci
per pianger sempre i giá commessi errori.
     Tu, che godi fra gli ozi e fra gli amori
le lusinghe del mondo empie e fallaci,
e tra i diletti addormentato giaci,
ami ombre, abbracci vento e siegui orrori.
     Chi un tempo, carco d’amorose prede,
ebbe l’ostro a le guance e l’oro al crine,
deforme arido teschio, ecco, si vede.
     Superbi regi e la vil plebe alfine
poca polve vegg’io sotto il tuo piede,
oppressi e vinti da un medesmo fine.

III

LA TEMPESTA

     Armato il ciel di tuoni e lampi ardenti,
e col volto cruccioso oltre l’usato,
vibrò da l’arco suo, fremendo irato,
contro la terra i fulmini pungenti.
     Tolsero i nembi e le pruine e i venti
allo stelo le frondi e l’erba al prato;
e tonando da l’uno e l’altro lato,
cruda guerra tra lor fean gli elementi.
     Da l’arenoso letto, ecco, il mar esce,
ed ingombrando il mondo or vaga errante
fra l’onde il cervo, or tra bei fiori il pesce;
     e tra diluvi e tra tempeste tante,
con gl’infocati lampi il giel si mesce,
e tra le nevi il cielo è fiammeggiante.