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144 lirici marinisti

     Tal era il nuoto e cosí arar parieno
con aratro d’avorio i salsi campi;
vibran tra ’l mar, pur come un ciel sereno,
gli occhi, stelle d’amor, tremoli lampi;
con bellezze schierate ond’è il mar pieno
par che contra i rubelli Amore accampi,
o che vogli destar quasi per gioco
per le nevi guizzanti a l’onde il foco.
     E voi, stellati pesci, e tu bramasti
tra bei pesci d’amor guizzar, delfino;
ed anco per costor tu desïasti
essere, o can celeste, il can marino;
de l’acceso desir parte appagasti
tu de l’eterne sfere occhio divino,
tra le bellezze e tra l’argentee stille
seminando talor lampi e faville.
     In ninfa Proteo per nuotar con loro
mutossi; e tutto l’umido confine,
per mirar, ingombrar vidute fôro,
sorte dal cinto in su, le dee marine;
invaghiti correan de’ lacci d’oro
i bei muti nuotanti al biondo crine,
e tra lor dolce e con tarpate penne
stuol d’ignudi Amoretti a guizzar venne.
     Escono alfin da’ salsi ondosi umori
e stillan molli perle i vivi argenti,
che gocciolando van tra’ bei candori,
de l’aria di beltá stelle cadenti.
Ruggiadose cosí n’appaion fuori
l’aurore al bel seren de’ giorni algenti;
uscir de l’acque e mano a mano uniro
ne l’arenosa scena e han fatto un giro.
     Vago giro d’amore e vaga sfera
d’alta beltá ne l’amoroso mondo;
la soma soffreria dolce e leggiera,
fatto Atlante, ogni cor di sí bel pondo;