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scipione errico 141

dove con vive e ruggiadose brine
imperlarsi il bel sen Flora si preggia;
dove odorati, candidi e vermigli
cittadini sen stan del sole i figli.
     Di piropi e smeraldi allegri tetti
fan le viti serpenti, alto poggiando,
e morbidi figura e freschi letti
l’umido suol, la molle erbetta ornando,
e, con fertil guatar, ne’ verdi aspetti
stansi l’amanti palme amor spirando,
e spiegano i naranzi in bel tesoro
odorati diamanti e poma d’oro.
     Vaghi accenti, volando in vaghi cori,
la dipinta d’augei schiera diffonde;
garrulo rio per trasparenti errori
con la lingua d’argento a quei risponde;
forma anch’essa tra lor detti canori
l’aura con susurrar tra fronde e fronde,
sí che in dolce armonia s’accoppia intanto
d’aure, d’acque, d’augei la voce e ’l canto.
     L’aura, che del ballar nobil maestra,
dolce commove a vaghe danze i fiori,
e seco or a sinistra or move a destra
con lunghi giri i lascivetti odori;
l’aura, ch’or dona or toglie e, accorta e destra,
di natura comparte almi tesori,
de la verde famiglia è spirto e vita
e ’l ciel ridente a vagheggiarla invita.
     Vicino è ’l mare, e vaghe e ricche sponde
fanno minute perle ai suoi zaffiri;
vago specchio è del ciel, qualor senz’onde
placido starsi e trasparente il miri;
vago è s’al moto il mormorio confonde,
e increspandosi ancor par che s’adiri;
vaghe son l’ire sue spesso a vederle,
quando il vago zaffir trasmuta in perle.