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126 | lirici marinisti |
XII
IL RAPIMENTO D’ELENA
DI GUIDO RENI
E
LA DIDONE TRAFITTA
DEL GUERCINO
Al cardinale Spada
Stupor de la natura, onor de l’arte,
tua mercé pur rimiro in tela espressi
i pregi altrui ch’idolatrando io lessi
in argolico stil, latine carte.
Ecco il lino animato agli occhi esprime
l’ideo pastor, de la beltá l’idea,
ch’è frigia meraviglia e pompa achea,
de l’italico Apelle opra sublime.
La bella greca al giovine troiano
giá fu rapina a’ suoi desir gradita,
e disciolse la vergine rapita
i gridi al ciel, le trecce a l’aura invano.
Giá di tanto tesor vedove e prive,
per insolita via correndo al Xanto,
piú che d’umor vedeansi ebre di pianto
d’Inaco l’onde e d’Acheloo le rive.
E giá, tosto ch’aperse i primi albori
a l’Asia, del bellissimo sembiante,
adultera in amor, lasciva amante,
arse a Scamandro i flutti, ad Ida i fiori.
Ma pur oggi, nel lino, al patrio lito
Pari, ch’altri non ha pari nel viso,
pur lei rapisce, onde ne resta anciso
e ne la sua rapina anco rapito.
Ben veggio in lui, se lui contemplo e guardo
vagheggiator del vagheggiato volto,
col vezzo in bocca a lascivir rivolto,
il lusso del color, ma piú del guardo.