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120 | lirici marinisti |
IV
IL VENTAGLIO
D’ambizïoso augel piume gemmate
bella donna d’amor distinse e prese,
e per trarne aria fresca, aure gelate,
n’ordio leggiadro ed ingegnoso arnese.
Lasso, e quinci tem’io che innamorate,
mentre cercan temprar le fiamme accese
ne l’aria, intorno a le bellezze amate
apran piú luci a vagheggiarla intese.
O con piuma leggiera, aura volante,
mostra vario desío, volubil core,
piú che vento leggier, piuma inconstante;
o con esse a me spiega, empia in amore,
ch’odia sí dentro il seno incendio amante,
che l’abborre, non ch’altro, anco di fuore.
V
LA LODATRICE DI POESIE
Ond’è che i versi miei leggi ed ammiri
qualora il foco mio vi leggi impresso,
ed ingrata che sei, poscia t’adiri,
s’a le tue labra le mie labra appresso?
È ministro d’amore il bacio istesso,
quinci degno è d’amor, se dritto miri;
e darti un bacio a me non fia concesso,
di cui lodi le rime, il cor martiri?
Lasso, e se tanto io non impetro in loro
e nel Parnaso mio ch’almen ti baci,
maledetto quel dí che fui canoro!
Stimo assai piú de’ labri tuoi vivaci
cortese un fiato sol, che ’l proprio alloro,
o che tu sdegni i versi ed ami i baci.