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g. f. maia materdona 115

XX

LA FONTANA DI PONTE SISTO IN ROMA

     Vedi, non che cader, precipitare
piogge d’immensi umor quasi d’un cielo,
che ne pungono il cor di dolce telo,
agli orecchi sonore, agli occhi chiare.
     Liquida è l’onda e pur gelata appare,
né di lassú trabocca altro che gelo;
poi se ne forma un curvo e crespo velo,
che si frange in sui marmi e cangia in mare.
     Vedi quel mar di quante spume abonda;
par che bolla anco il giel, fumi e faville
par che surgano ancor da gelid’onda.
     Vedi come concordi anco le stille,
a l’armonia di quegli umor gioconda,
ballano a cento a cento, a mille a mille.

XXI

LA VERDEA DI FIRENZE

     Ai labri miei, quando piú gela il verno,
l’alma cittá, cui dánno il nome i fiori,
offre un sacro licor che tra i licori
serba vanto superbo e pregio eterno.
     Nei suoi color le liquid’ambre scerno,
cedono agli odor suoi gli arabi odori,
sembran tasso ed assenzio ai suoi sapori
chiarello, albano, asprin, greco o falerno.
     Ben questa esser dovea l’ambrosia eletta
che ’l cor di Giove e de gli dèi pascea,
poi ch’ella tanto inebrïando alletta;
     o questa del piacer la «vera idea»,
d’Arno o la «vera dea», che poi fu detta
di «ver’idea», di «vera dea», «verdea».