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98 | lirici marinisti |
VII
GIOCANDO AI DADI
Quelle, che in mezzo a spettatrice schiera
picciol ossa, giocando, agiti e tiri,
denti far giá de la piú vasta fèra
che ne’ gran lidi suoi l’India rimiri.
Quindi, s’a loro il tuo pensier raggiri,
o mia dolce d’Amor bella guerriera,
t’avedrai dove al fin termini e spiri
orgogliosa beltá, fierezza altera.
Que’ vaghi pregi onde t’adorni il viso,
s’or dánno ai cori altrui pene e tormenti,
saran de’ cori altrui favola e riso.
Cosí que’ fieri e que’ temuti denti,
per cui giaceva ogni animale ucciso,
gioco son, se terror fûr de le genti.
IX
IL BALLO DELLE VILLANELLE
Carolando intrecciate ai lor pastori,
catenate per mano e in giro avvolte,
vincean de le cittadi i regi cori
lascive forosette al ballo accolte.
Avean le piante lor, snodate e sciolte,
legate l’alme ed annodati i cori;
l’erbe crescean sotto il lor piè piú folte,
piú bei crescean sotto il lor piede i fiori.
Ed ecco, ornata il sen d’azzurro e giallo,
e d’ostro, Cilla mia, tinta la faccia,
sotto il braccio girommi in mezzo al ballo.
— Ferma — diss’io, — ché non cosí s’abbraccia;
star ti vorrei, ma tu mi poni in fallo,
sotto le braccia no, ma fra le braccia. —