Pagina:AA. VV. - Lirici marinisti.djvu/101


giovan leone sempronio 95

II

LA PENSOSA

     Con immoto ti stai ciglio severo
in te raccolta e nel bel velo ascosa;
ond’io, nascendo il mio dal tuo pensiero,
penso a che pensi, o bella mia pensosa.
     Pensi forse donar pegno piú vero
e piú dolce al mio cor gioia amorosa?
o pur pensi trovar strazio piú fèro
e piú cruda al mio sen pena angosciosa?
     S’al mio novo gioir, Lidia, si pensa,
si pensi pur, ché farsi ben maggiore
può quel piacer, ch’avara man dispensa.
     Ma s’a novo si pensa aspro dolore,
si pensa invan; ché divenuta immensa,
piú oltre non può gir pena d’amore.

III

I CAPELLI FASCIATI DOPO LA LAVANDA

     Sembra Eurilla gentil vaga turchetta,
quanto barbara piú, tanto piú bella:
porta il turco sul fianco arco e saetta,
porta Eurilla negli occhi archi e quadrella.
     Ei di nemici, ella d’amanti ha stretta
in catena servil gran turba ancella;
egli i corpi, ella i cori arde e saetta;
egli del cielo, ella d’amor rubella.
     Ciascun di veli ha la sua chioma attorta:
egli ha piú d’una benda al crin contesta,
ell’ha piú d’una fascia al crin ritorta.
     Ma differente è sol quello da questa,
ch’ella duo Soli interi in fronte porta,
e mezza Luna a lui riluce in testa.