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porre, e fissare i suoi piedi nelle vestigia de’ Poeti, che traslatava? Ma tant’è: Salvini traduce per esempio grand’Apollo, e Omero non cantò, che Apollo. Questo è un gran cerpellone, poichè sul punto di tradurre s’hanno a numerar le parole del Testo e se un jota v’ha di più, o di meno nella Versione, merita subitamente censura: E non è poco in colera il nostro delicatissimo Abate vedendo, che Salvini ha voluto rappresentarci Apolline, ch’era un Dio, che si dilettava di canti, e di suoni, fuori del suo naturale forte crucciato, quand’Omero appena lo chiamò crucciato. Pover’a noi, che siamo stati egualmente infedeli al nostro Coluto, allorchè abbiam dato verbigrazia il titolo di Bella ad Elena capricciosamente, quando forse il Poeta avrà avuto concetto che fosse brutta. Ne ci varrà l’aver confeslato questo nostro misfattone grandone nella lettera a chi legge, non essendo buona scusa il dire, che tali son poi questi Aggiunti, che non accrescono veruna minima idea all’idea dell’autore, come quelli, che di lor natura subitamente s’adattano a que’ nomi, di cui sono Aggiunti. Signori no, avremmo dovuto far piuttosto i versi mancanti di qualche sillaba ad imitazione dell’Abate dall’Aglio, ma non mai per rendergli o compiti, o più vaghi, aggiungervi a nostro talento nè Grande, nè Forte, nè Bella. Peggio poi per l’Abate Salvini, che noi alla fin fine non abbiam vo-