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o( V )o

     Quando a’ cenni di Giove in su gli eccelsi
Tessali monti Ganimede il vino
Di Peleo là tra gl’Imenei porgeva,
Vennero ad onorare i Numi tutti
Tetide la Sorella d’Amfitrite
Di bianche braccia: E giù dal cielo Giove,
Dal mar Nettuno e conducendo venne
Apollo dal dolcissimo Elicona
L’arguto coro de le pronte Muse.
Giunon seguillo ancor, Suora di Giove,
Nè la Regina Venere, la stessa
D’Armonia Madre ritardo, venendo
Anch’Ella a’ boschi di Chiron Centauro:
Venne intrecciando nuzial corona
Pito la Diva, e la faretra avea
Del saettante Amore: Ancor Minerva
L’orrid’elmo dal capo deponendo
Scese a le nozze, non di nozze esperta.
Nè le sprezzò, benchè più sia selvaggia,
Diana, ch’è d’Apolline Sorella,
E di Latona Figlia. E qual si reca,
Non l’elmo o la nemica asta scotendo,
Di Vulcano a la Casa il ferreo Marte;
Tal ridendo saltava in quel convito
Senza corazze e senza il ferro acuto.
Ma non calse a Chiron (nè a cor sel prese
Già Peleo) di lasciar disonorata
La Dea Discordia. Su i capei dorati
Bacco bensi scuotendo in ogni parte
L’uve, sua chioma a’ Zefiri spargeva.
La Discordia però, come giovenca,