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e materno da Giove discesi. Conosceva, che l’altre fortune sarebbero con celerità svanite, ma che la nobiltà sarebbe loro eternamente rimasa. Vedeva, che questa elezione vantaggio a tutta la stirpe recato avrebbe, ma gli altri doni sarebbono al più durati fino all’età de’ suoi figlj. I quai sentimenti poi da nessuna mente aggiustata a lui, furono rimproverati, ancorchè tra coloro, i quali sull’apparenza delle azioni si fermano, e niente passano avanti coll’immaginazione all’esito delle cose fosservi alcuni, che si facevan beffe di lui, mostrando di leggieri il poco lor senno dalla natura delle maldicenze, che adoperavano. Come mai per verità più ridevoli potean rendersi, che giudicando i loro discernimenti più acuti di quell’ingegno, che ad una sì alta impresa fu da’ Numi trascelto? Nè già è da credersi, che sovra la detta contesa abbiano a qualunque del popolo dato autorità di giudicare, ma egli è ben manifesto, che tutt’ebbero quella sollecitudine d’appoggiarsi ad un ottimo Giudice, che pur mostrarono in così ardua impresa d’avere. Egli è dunque mestieri di considerare chi egli fosse, e di conoscerlo non dalla passion delle Dee, che vinte rimasero, ma dalla scelta, che tutte d’accordo ferono del di lui giudizio. Poichè non è da stupirsi, se talora da più potenti persone a torto riceve calunnie chi non peccò. Ma che un mortale sia a parte d’un tanto onore, quanto è quello d’esser fatto giudice di Dee, questo non può altramente, che ad un uomo di singolar