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Dii nelle suppliche d’Adrasto 1, e de’ Figliuoli d’Ercole 2. Posciachè gli uni in battaglia superati avendo, a quelli del Peloponneso la perdonò: e gli altri estinti sotto Cadmea volle ad onta de’ Tebani restituire, perchè fossero seppelliti. Mostrò eziandio qualche altra virtù, per cagion d’esempio prudenza non pure nelle predette cose, ma in quelle eziandio, che al regolamento appartenevano della Patria. Imperciocchè osservando, che alcuni Cittadini stanchi di servire s’industriavano di comandare, che alcuni rendevano la vita altrui piena d’incomodi, e di perigli, mentr’essi vivevan sempre in timore, e che sforzati erano di combattere contr’a gente nemica, e straniera coll’ajuto de’ Cittadini stessi, o con truppe d’altro Paese contro degli stessi Cittadini; che di più spogliavano i templi de’ Numi, che i migliori del popolo uccidevano, che diffidavano delle persone più familiari, e che niente più vivevan essi d’animo tranquillo di quello facessero i condannati a morte, fortunati all’apparenza, ma in realtà più d’ogni altro dolenti, giacchè più trista cosa non v’ha, che viver sempre in timore d’esser ucciso da’ suoi domestici, e non me-

  1. È nota l’istoria della spedizione d’Adrasto contro d’Eteocle, il quale a Polinice fratel suo negva la dovuta porzion del regno. Vedine Diodoro Sicul. lib. 4.
  2. Isocrate stesso nel Panegirico dà spiegazione al passo presente. Vennero, dic’egli, anche i figliuoli d’Ercole, e poco prima di loro Adrasto, figlio di Talao, e Re degli Argivi. Non potendo egli nella spedizione Tebana portar via dopo la sconfitta i cadaveri degli uccisi sotto Cadmea, chiese dalla nostra citta, che mossasi a compassione delle comuni disgrazie, recassegli ajuto, nè lasciase giacer insepolti coloro, che restti eran sul campo, a dispetto dell’antica consuetudine, e delle patrie leggi. E i figli d’Ercole nel fuggir che facevano del nemico Euristeo, nulla curandosi dell’eltre città, che non potevano rimedio dare alle loro disgrazie, pneasrono di ricorrere alla nostra sola ec.