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monj a’ gradi d’affinità, e di consanguinità proibiti. Ma che lo Spondano al lib. VIII. dell’Odissea si faccia tanta maraviglia, perchè Alcinoo sposato siasi con una Figlia di suo Fratello, cosicchè abbia a dire nusquam alibi me præterquam in Homero legisse memini, assai stupore mi fa, per esservi di simili matrimonj fino a’ giorni nostri non pochi esempj.
ν. 26. βασίλεια καὶ Ἁρμονίης, κ. τ. λ. La stesσα d’Armonia Madre. L’aver noi trovato, che Venere fu Madre d’Armonia, ne ha mossi a sostituire la voce Madre, che manca nel Testo. Da Marte dunque, e da Venere nacquero due Dee una chiamata Paura e l’altra Armonia. Misteriose son tutte le favole e giudiziosamente da’ Poeti tessute. Venere, e Marte colti all’improvviso trovandosi nella rete preparata da Vulcano, il quale per vendicarsi dell’ingiuria recatagli, i Numi tutti a vedergli invitò, non che rossore, n’ebbero eziandio paura. Eccone adunque concepita una Dea. Questo medesimo congiungimento d’un Dio, tutto spirante severità, e d’una Dea, tutta grazia, ed amore, dopo le varie discordie che tra loro passate erano, diede alle genti occasione di favoleggiar sulla nascita dell’Armonia τοῦ παντὸς ἀσαλεύτως καὶ κατ’ ἐμμέλειαν ἁρμοσθέντος. Vedine Eraclide Pontico, Allegor. Homer., Pausan. lib. IX. cap. 5., Igino cap. CXLVIII. delle sue favole. Non fa uso di questa erudizione l’Abate dall’Aglio, e traduce così: