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46 xxiv - pieraccio tedaldi

XXII

Conforta la gente atterrita per una crudele pestilenza.

La crudel Morte, nimica di vita,
ne vien feroce sotto sua bandèra,
e mena seco una gran turba e schèra,
4che de l’umana gent’ell’ha rapita;
e dat’ha lor si fatta gran ferita,
che fatto ha, di lor bella, brutta céra:
cosí ad uno ad un ci vitupèra,
8tant’è verso di noi infellonita.
Però consiglio ognuno lo può fare,
che si dia tempo, e stia allegro e sano,
11e lasci la fortuna trapassare:
ché talor molto corre chi va piano;
ciascun procacci ben bere e mangiare,
14non dispiacendo a Dio signor sovrano.

XXIII

Descrive il suo piacevole soggiorno a Faenza.

Bartolo e Berto, come Carlo in Francia
o come il conte in Poppi, i’ sto in Faenza,
e si mi piace qui la risidenza,
4che, se ’l sapessi, non vi parria ciancia.
Ben vesto e calzo, e ben empio la pancia,
e ben ho de’contanti a mia piacenza;
e, se amico a me viene da Firenza,
8noi caccio con ispada né con lancia.
E spesse volte l’anno i’ fo viaggio
dove dimora quella, ch’è mia dea,
11a cui quattordici anni ho fatto omaggio;
e tutta mia persona si ricrea,
veggendo il suo benigno signor saggio,
14el qual da me lontan mie cor ardea.