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xxiv - pieraccio tedaldi 43

XVI

Per ben vivere al mondo, è necessaria la ricchezza.

E1 mondo vile è oggi a tal condotto,
che senno non ci vale o gentilezza,
sed e’ non v’è misticata ricchezza,
4la qual condisce e ’nsala ogni buon cotto.
E chi ci vive per l’altrui ridotto
non è stimato, e ciascuno lo sprezza,
e ad ognuno ne vien una schifezza
8con uno sdegno: e non gli è fatto motto.
Però rechisi ognun la mente al petto,
ed in tal modo cerchi provvedere,
11ch’egli abbia de’danar: quest’è l’elTetto.
E, poi che gli ha, gli sappia mantenere,
sed e’ non vuole che poi gli sia detto:
14— Io non ti posso patir di vedere! —

XVII

Piange la morte di Dante Alighieri.

Sonetto pien di doglia, iscapigliato
ad ogni dicitor tu te n’andrai,
e con gramezz’a lor racconterai
4l’orribil danno, il qual è incontrato.
Ché l’ultimo periglio disfrenato,
il quale in sé pietá non ebbe mai,
per darne al cor tormento e pene assai,
8il dolce nostro mastro n’ha portato,
ciò ò il sommo autor Dante Alighieri,
che fu piú copioso in iscienza,
11che Catone o Donato o ver Gualtieri.
E chi ha senno di vera conoscenza
ne dèe portar affanno ne’ pensieri,
14recandosi a memoria sua clemenza.