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30 | xxiii - tenzoni di rimatori perugini |
XI
TENZONE TRA SER CECCO NUCCOLI
E GILIO LELLI
I — SER CECCO
Per punirlo del vizio de! gioco, suo padre lo tiene a stecco.
Nel tempio santo non vidd’io mai petra
nuda e scoperta, com’el mio farsetto;
e porto una gonnella senza occhietto,
4che, chi la mira, ben par cosa tetra.
Ma, s’io avesse i denar de la poletra,
la qual vendei e misi a minoretto,
io piú nascosto non starla só’ ’l tetto
8a far sonette ne’ dolente metra.
E mille fiade el giorno mi corroccio
con lo mio padre, che non vói vestirme:
11— V’ha la puledra? — e questo è ’l mio riproccio.
Ond’io m’accorgo che non vai piú dirme
ched ei mi vesta: ch’esso s’è disposto
14di non mettere in me un denai’ di costo:
per ch’él mi fe’ un farsetto, e io gli promise
de non giucar né a tavole né a zara,
dov’ho perduta la poletra cara.
2 — GILIO
Infatti, il padre di ser Cecco non gli dará piú quattrini.
Talor se tène alcun sommo gieumètra,
ch’egli è pur di color de Malborghetto;
e tal se tiene el figliuol benedetto,
4che da la vera sentenza s’arretra.