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xxii - ser cecco nuccoli 5

VIII

È innamorato, ma non osa confessarlo.

Io veggio ben la mia desavventura,
ché per temenza perdo el mio desire;
e veggio ben che uom, ch’è senz’ardire,
4suo pregio non acquista per paura.
Uom, c’ha coraggio, puote aver ventura;
e bene è matto chi perde per dire,
come ch’él crede di poter fornire
8umiliando sempre la natura.
La gran temenza mi toglie ardimento
de dire a voi quello, ch’io porto in core,
11tal ho paura di far fallimento.
Ch’io non vi dico s’io vi porto amore:
ch’io sono in fuoco ed in grande tormento,
14e son giá quase morto del dolore.

IX

Supplica gli occhi amati a non negargli la dolce vista.

Voi, che portate de mia vita luce
nel viso chiar’col piacevele aspetto,
e non vedete me vostro soggetto,
4ch’Amor per voi a la morte conduce;
poi ch’el toccar da me fugg’e desduce,
e del parlarvi sòffero ’l difetto,
deh non siat’aspre a mostrami’ el cospetto,
8che raggio di salute al cuor traluce.
Per lo qua! a mirar si spesso vegno:
e, voi celandol, divento terreno,
11e sempre ’l tristo spirto piú vieti meno.
Vergogna nel venir non ha, né freno,
ben ch’altre parie o me dimostre in segno:
14m’è pur maggior la pena, ch’io sostegno.
Dinanzie a sua figura tu sie messo,
sonetto mio, vicario di me stesso.