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88 vii - cecco angiolieri

L

La donna è proprio disgustata del poeta.

Se io potesse con!a lingua dire
la minor pena, ch’io sento, d’Amore,
e la mia donna lo degnasse udire,
4s’ella fosse del mondo la piggiore;
io non son si sicuro del morire,
ch’i’non sia piú del suo spietato core:
farebbe tutto quel, che m’ho’n desire,
8odiendomi contar tanto dolore.
Volentier torneri’ a sua segnoria,
se’l mio servir le fosse in piacimento:
11ma io so bene ch’ella noi vorria;
ch’io n’ho udito questo in saramento:
quando io vado in parte, dove sia,
14fugge, per non vedermi, come ’l vento.

LI

Si duole d’aver dato motivo all’ira di lei.

E’ fu giá tempo, che Becchina m’era
di si buon are, ch’i’era contento,
né avre’ chèsto piú mar né piú vento,
4tant’allegrava ver’me la sua céra.
M’a si mal punto mangiai d’una pera,
che po’m’ha dato tanto di tormento,
che que’, che so’ ’n inferno, per un cento
8hanno men mal di me ’n ogni manèra.
Cosi m’avess’ella fatt’afTogone,
o mi si fosse ne la gola posta,
11ch’i’non avesse gollato’l boccone!
Ché giá non sare’ a cosí mala posta;
avvegna certo ch’egli è gran ragione
14che, chi si nuoce sú, pur a lu’ costa.