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76 vii - cecco angiolieri

XXVI

Né anche con l’uccidersi farebbe impietosire la donna.

E’ non è neun con Cotanto male,
che volontier non li cambiasse stato,
però ch’el me’ dolor è si corale,
4che passa quel d’ogn’altro sciagurato;
ché, per segarmi la vena organale,
quella, di cu’ i’ sono innamorato,
darebbevi piú, che rusca non vale:
8a questo m’ha condutto el mio peccato.
Ch’ella sempre dice, ha ditto e ere’ dica,
difin che dicerò di lei amare,
11d’essermi pure mortai enemica.
Lá ’nd’eo ne porto en me tanto penare,
se Deo, ch’è segnor, mi benedica,
14e’ dada gli occhi per disamorare!

XXVII

Vorrebbe morire piuttosto che vivere in laute continue angosce.

Lo mi’ cor non s’allegra di covelle,
ch’i’veggia o ch’i’oda ricordare;
anzi mi fa, non ch’altro, noia Tare,
4tal’odo da mia donna le novelle.
Ché ’nsomm’ha detto ch’aver de le stelle
potre’ innanzi, che lei accordare
ched ella si volesse umiliare
8ch’i’l’appressass’al suol de le pianelle.
Onde la morte mi sarebbe vita,
ed i’ vorre’ morir trasvolontieri,
11ché me’ vai una morte far, che mille.
Or va’, sonetto, a la mia donna, e dille
che, s’i’potesse retornar en ieri,
14io la farei grattar con diece dita.