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2 i - rustico filippi


II

Rappresenta ad un compagno di parte l’arrabbiato antighibellinismo
di un avversario politico.

Fastel messer, fastidio de la cazza,
dibassa i ghebellini a dismisura,
e tutto il giorno arringa in su la piazza
e dice che gli tiene una ventura.
E, chi ’l contende, nel viso gli sprazza
velen, che v’è mischiato altra sozzura;
e si la notte come ’l di schiamazza:
— Ci menovasse or Dio quella sciagura! —
Ond’io ’l ti fo saper, dinanzi assai
ch’a man vegni de’ tuo’ nemici guelfi,
s’è temp’e se vendetta non ne fai.
Ma tu n’avrai merzé, quando il vedrai!
Fammi cotanto: togligli Montelfi;
cosí di duol morir tosto il vedrai.

II

Ad un grave messere, di cui son note le pervertite relazioni
con un giovinastro.

A voi, messere Iacopo comare,
Rustico s’accomanda fedelmente:
e dice, se vendetta avete a fare,
che la fará di buon cuor lealmente.
Ma piaceriagli forte che ’l parlare
e rider vostro fosse men sovente;
ché mal perdere uom, che guadagnare,
suole schifare piú la mala gente.
E forte cruccia di madonna Nese,
quando sonetto udi di lei novello;
e credei dimostrar tosto in palese.
Ma troppo siete cónto, di Fastello,
infin tanto ch’egli ha danar da spose:
ond’e’si crede bene esser donzello.