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i - rustico filippi 27

LII

La pietá, che gli mostra la donna, lo sorregge nelle ultime prove.

Lo vostro dolze ed umile conforto
ini dá sovente gioia ed allegranza;
ond’io però la vita in core porto,
4e per aver di voi ferma speranza.
Ma rea fortuna non mi lascia in porto
si tosto giugner, com’ho disianza:
ma tosto ch’andrá via il tempo torto,
8mi riterrá madonna in sua possanza.
Da che madonna dòl, quand’i’ aggio doglia,
dovria piú sofferente esser del male,
11poi che ’l mio ne saria ben per sua voglia.
Ed ò ben si cortese e tanto vale,
che spesso si lamenta e si cordoglio
14ed ha dolor di mia pena mortale.

LIII

Prima la donna, poi Amore l’assicurano ch’è ormai corrisposto.

— Poi che voi piace ch’io mostri allegranza, ’
madonna, ed i’ ’l foraggio volontiera.
— Meo sire, è tutta mia disideranza:
4allegra lo tuo core e la tua cera.
— O donna mia, merzed’e pietanza
dimando, se mostrat’ho doglia fèra.
— Meo sire, se rallegri tua sembianza,
8giá mai non cangerò disio né spera. —
— Merzede, Amor, ch’io non saccio che dire
ver’la mia donna, tanto m’è gioiosa:
11tu se’ il mio core, Amore, e ’l meo disire.
— Oi amador, di fin cor l’amorosa
lealmente ama senza mai fallire,
14però ch’ell’ama te sovr’ogni cosa. —