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232 xx - messer niccolò del rosso

LXX

Dá l’allarme contro le mire di Cangrande della Scala.

Segnor, guardátive da messer Cane,
per ch’él porta sotto la cinta un sacco,
c mctteravvi entro zascun a stracco,
4che al suo conseglio non sona campane.
Le mazor alpe gli ènno tutte piane
e de l’arme mai non si vide fiacco;
presso Musone en posta ha miso il bracco,
8menando sempre d’intorno le mane.
Serravalle, Fregona e Cavolano,
Castello Reghenzòlo e Formeniga
11e Brusaporco quisti ebbe di plano.
Poi non si teme che faziamo liga
cum Padova, furlani ni todeschi:
14anzi però piú ver’nui par che treschi.

LXXI

Perché lo vede avviato ad insignorirsi di tutta l’Italia.

Che ze fa a nui se dentro questa terra
e le castella del nostro destretto
sono molti soldati, zò fi’ cretto,
4a piedi et a cavallo, per far guerra?
Ché, dovunque messer Cane disserra
solo cum deze sotto al pennon stretto,
zascun teme ch’él si arrappi sul tetto,
8e tutti ne le fortezze si serra.
Cusi reman signor de la campagna,
ch’él non gli ardisse contrastar persona,
11e, quant’él vói, la sua zente guadagna.
E, se valor, senno e fortuna bona,
come fin a qui, per lui opraranno,
14el será re d’Italia ennanzi un anno.