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208 | xx - messer niccolò del rosso |
XXII
Una seconda e piú perfetta Beatrice è scesa in terra.
Se’ tu Dante, oi anima beata,
che vai cherendo la tua Beatrize?
Ben so che fusti a la Mente felize,
4sol per trovarla en cielo coronata.
Ma vee che Deo zi l’ha qua zu mandata
cum anzelica forma, en sua vize;
tu non la conosserai, zò me dize
8lo core meo, tanto è purificata.
Or vieni mego, e, quando cernerai
una onestate vestita di nero,
11negli atti soi tu te ne accorzerai,
per fermo, ch’essa è quella, di vero,
che sempre laldasti per cosa netta:
14salvo ch’or di beltá è piú perfetta.
XXIII
Il poeta si smarrisce per tanto eccesso di soavitá.
Tremano i spiriti mei di paora,
sentendo che suso lo cor mi scende
la nova donna, che tutti gli azzende
4si forte, che zascun de lei innamora.
Poi l’uno a l’altro dize: —Sa’tu ancora
chi sia custei, che quine tanto splende?
Ella pur ne saetta, e non entende
8gli nostri preghi, ma vói ch’ognun mòra. —
Cusi clamonno Amor, che vedea sego,
che fusse interprete digli affannati;
11et él respose: — Vui fate mal prego:
ché sol per sua beltá quasi cascáti;
pensáti ormai se bene la entendesti:
14ché di dolzezza ve s memori aresti. —