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200 xx - messer niccolò del rosso

VI

Lamenta il suo vano affaticarsi per amore.

Questa gnuda d’Amore eo ammantai:
sic vos non vobis veliera fertis, oves;
e rúgida ne l’atto redrezzai:
4sic vos non vobis fertis aratro, boz es.
E lo core a pietate gli formai:
sic vos non vobis nidificati, aves;
poi cum dulci desiri l’allevai:
8sic vos non vobis mellificati, afies.
Unde, come il poeta d’esti versi,
mi lamento di zò, che m’è avvenuto,
11contra zascun, che mi pò dare aiuto.
Ché solo gli pensieri mei diversi
e l’umele parlar de le sue lode
14m’hanno depresso, et altri se ne gode.

VII

Dovrá sempre perseverare nella sua amorosa servitú.

Zentil desiro — mi venne nel core,
forte pregando — che él gli mostrasse
qual è ’l martiro — per forza d’Amore,
4che tormentando — a la fine lo trasse.
Allora quello — cum molto splendore
aperse le porte, — per che mirasse
lo bel zoello, — che, come signore,
8gli pò dar morte — se ver’lui fallasse.
Et a la dura, — quando ebbe veduta
la dolce figura, — e lei conossuta,
11clamommi: — Amico, —sai che ti conseglio?
Se tu il pòi fare, — che sempre la tegni,
ni, per penare, — za mai non ti sdegni:
14credi ch’eo dico — di fermo il tuo meglio. —