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114 | vii - cecco angiolieri |
CII
Non c’è nulla, che lo tolga di mezzo.
I’ potre’ anzi ritornare in ieri
e venir ne la grazia di Bccchina,
o ’l diamante tritar come farina,
4o veder far misera vit’a’ fricri,
o far la pancia di messer Min Pieri,
o star content’ad un piè di gallina:
ched c’morisse ma’ de la contina
8que’, ell’è domonio, e chiamas’Angiolieri.
Però che Galieno ed Ipocráto,
se fosson vivi, ognun di lor saprebbe,
11a rispetto di lu’, men, che ’l Donato.
Dunque, quest’uom come morir potrebbe,
che sa cotanto ed è si naturato,
14che, come struzzo, ’l ferr’ismaltirebbe?
CIII
Ed ogni speranza di ereditare è vana.
I’ ho un padre si complessionato,
che, s’e’ gollnsse pur pezze bagnale,
si l’avrebb’anz’ismaltit’e gittate,
4ch’un altro bella carne di castrato.
Ed i’ era si sciocch’e si lavato,
che, s’i’ ’l vedea mangiar pur du’derrate
di fichi, si credea ’n ventate
8il di medesmo red’esser chiamato.
Tutto son fuori di quell’opinione,
e ho questa credenza fermamente,
11ch’e guf ebber da lu’ la complessione.
Vedete ben s’i’debb’esser dolente!
Lasciamo star che non ha ’n sé ragione,
14ma’ che vedersi ’n cas’un fra godente!