Pagina:AA. VV. – Opuscoli e lettere di riformatori italiani del Cinquecento, Vol. I, 1913 – BEIC 1888692.djvu/34

figliuoli carissimi di Dio. Questa divina fede è quella che ci inserisce nella morte e nella risurrezione di Cristo, e per conseguente ci mortifica la carne con gli affetti e con le concupiscenzie, perché, conoscendoci noi, per la efficacia della fede, morti con Cristo, ci risolviamo con noi medesimi e col mondo, e intendiamo che alli morti con Cristo appartiene di mortificare i loro membri terrestri, cioè gli affetti viziosi dell’animo e gli appetiti della carne; e, conoscendoci resuscitati con Cristo, attendiamo a vivere una vita spirituale e santa, e simile a quella che viveremo in cielo, dopo l’ultima resurrezione. Questa santissima fede, facendoci godere del perdon generale che pubblica lo Evangelio, e ci introduce nel regno di Dio, e ci pacifica la coscienzia e mantiene in una perpetua allegrezza spirituale e santa. Questa medesima fede ci unisce con Dio e fa che egli abita nei cuori nostri e veste l’anima nostra di se stesso, e per conseguente lo spirito suo si muove a quelle medesime cose, alle quali moveva Cristo, mentre ch’egli conversava con gli uomini, dico all’umiltá, alla mansuetudine, alla ubbidienzia di Dio, alla caritá, alle altre perfezioni, per le quali recuperiamo l’immagine di Dio. Adunque meritamente Cristo attribuisce la beatitudine a questa fede inspirata, la qual beatitudine non può star senza le buone opere e la santitá. E come può esser vero che ’1 cristiano non sia santo, se per la fede Cristo diventa sua santificazione? Adunque per la fede siamo giusti e santi, e perciò quasi sempre san Paulo chiama «santi» quelli che noi chiamiamo «cristiani»: i quali, se non hanno lo spirito di Cristo, non sono di Cristo, e conseguentemente non sono cristiani; e, se hanno lo spirito di Cristo, che regge e governa, non dovemo dubitare che essi, quantunque conoscano di essere giustificati per la fede sola, diventino pigri nelle buone opere. Perché lo spirito di Cristo è spirito di caritá, e la caritá non può essere oziosa, né può cessare dalle buone opere; anzi, se vogliamo dire il vero, l’uomo non può mai far buone opere, se prima non si conosce giustificato per la fede. Per innanzi fa le opere piú per giustificarsi che per amore di Dio e gloria -di Dio, e cosí le imbratta dello amore proprio e di proprio